sabato 17 aprile 2021

Usa: Trascorrere una notte nell’hotel di Shining.

 


Lo Stanley Hotel è divenuto la Mecca degli amanti del genere horror che accorrono numerosi per scoprire cosa nasconde questo luogo 


Lo Stato Americano del Colorado è pieno zeppo di città fantasma, abbandonate una volta conclusasi la corsa all’oro. Non sorprende quindi che sia il luogo preferito da Stephen King, uno dei più celebri autori di letteratura horror.

Situato nel cuore delle Montagne Rocciose, a Estes Park, lo Stanley Hotel è un albergo di 142 camere in stile coloniale inaugurato nel 1904. È stato proprio questo hotel a ispirare, nel 1977, il suo best seller The Shining ed è stata anche la location in cui è stato girato il film di Stanley Kubrick con Jack Nicholson nel 1980. La miniserie televisiva Shining del 1997 è stata anch’essa girata proprio nell’hotel. Nel libro e nel film l’hotel però si chiama Overlook Hotel. Sul canale 42 delle Tv nelle camere dell’hotel viene trasmesso continuamente il film di Kubrick.




L’hotel è divenuto la Mecca degli amanti del genere horror che accorrono numerosi per scoprire cosa nasconde questa proprietà infestata e desiderosi di assistere in prima persona a qualche attività paranormale. Vengono anche oragnizzati dei ghost tour.  L’ampia finestra in cima alla grande scalinata da cui soffiano le correnti provenienti dalle montagne e i cunicoli che si trovano nelle fondamenta dell’edificio sono responsabili delle terribili leggende e delle storie di fantasmi che si raccontano da queste parti. Quando Stephen King vi trascorse una notte in compagnia della moglie nel 1974 (nella stanza 217), scoprì che erano gli unici ospiti dell’hotel. Cenarono in una sala da pranzo completamente vuota allietati dalla musica classica. “Era come se Dio mi avesse messo lì per sentire e vedere quelle cose”, aveva raccontato King.

Quella stessa notte, mentre dormiva, l’autore face un sogno: “Sognai mio figlio di tre anni che correva lungo i corridoi guardandosi alle spalle, gli occhi spalancati e lanciando terribili grida. Era inseguito da una manichetta anti-incendio. Mi svegliai di sobbalzo urlando, tutto sudato e per poco non cadevo dal letto. Mi alzati, accesi una sigaretta, mi sedetti su una sedia guardando fuori dalla finestra in direzione delle montagne e, quando ebbi finito di fumare, avevo il canovaccio del libro bene impresso nella mia mente”.




Stile: Brigitte Bardot: dallo stile Saint Tropez alla svolta animalista.

 

L'attrice, che continua a influenzare il guardaroba delle viaggiatrici con il suo stile Saint-Tropez, ha scelto di raccontarsi in un documentario.



Brigitte Bardot è la vera bellezza iconica, una star del cinema, la donna che incarna, meglio di tante altre lo spirito degli anni ’70. Eppure, all’apice della sua carriera come attrice, decise di abbandonare tutto per dedicarsi alla causa animalista. E ora, per la prima volta ha deciso di raccontarsi  in Brigitte Bardon, Eterna Ribelle, il documentario, dove lei ripercorre i suoi ricordi attraverso le immagini d'archivio ma anche l’abbandono di fama e carriera in favore di un impegno profondo e di una dedizione infinita per la protezione degli animali. 





Nel 1973, a 39 anni, Brigitte Bardot si trova sul set, quando dichiara che quello sarà il suo ultimo lavoro come attrice, ha capito che quello non è un mestiere che vuole continuare e che vuole dedicare tutto il suo tempo a una causa che le sta più a cuore. Questa notizia sconvolse l’opinione pubblica poiché nessuno sospettava che gli animali fossero il suo più grande amore. La Bardot era la bellezza simbolo degli anni della rivoluzione sessuale: un grande spirito libero, provocante ma con occhi da cerbiatto capaci di stregare chiunque. Nata in una famiglia benestante parigina la sua vita privata è stata tutt’altro che convenzionale: si è sposata molteplici volte, ha avuto chiacchierate avventure con i più famosi playboy dell’epoca, era una figura talmente conturbante che chiunque la conobbe se ne innamorò subito. 
Era l’incarnazione femminile dello spirito di quel tempo e diventò poi una delle prime attiviste donne al sostegno di associazioni animaliste. 




Il documentario racconta questo percorso, dalla creazione della sua fondazione, al riconoscimento di questa da parte dello Stato francese, sino ai giorni d’oggi. Ma noi che non dimentichiamo il suo stile vi regaliamo una gallery dei suoi summer look più belli di sempre. I suoi look degli anni 50 e 60 sono diventati iconici. È anche grazie al suo speciale rapporto con il marchio francese Repetto se oggi per noi è naturale indossare ballerine per uscire. E non è un caso se esiste lo “scollo alla Bardot” per via di come sapeva indossare lei i top senza spalline. Pronti a riscoprire insieme alcuni dei suoi look più memorabili per ispirare il vostro guardaroba vacanziero.






Cappella degli Scrovegni di Giotto: il nuovo tour virtuale è mozzafiato.

 

Uno spettacolo che lascia sbalorditi: il cielo stellato, in oro e azzurro, ricreato da Giotto da ammirare a distanza ravvicinata, fin nei minimi dettagli. Una visita digitale a 360 gradi che offre inedite prospettive. Da togliere il fiato.




Giotto così proprio non l’abbiamo mai visto. Da oggi possiamo varcare la soglia della strepitosa Cappella degli Scrovegni di Padova e ammirarla come mai prima d’ora. Dal computer di casa, grazie a un virtual tour che lascia sbalorditi (e se lo diciamo dopo un anno di fruizione forzata di arte digitale dal divano, ci si può credere).

Una visita multimediale mozzafiato
Il luogo non ha bisogno di troppe presentazioni: la cappella, capolavoro assoluto dell’arte occidentale, fu commissionata da Giotto da Enrico degli Scrovegni, tra il 1303 e il 1305.  Ora – come del resto tutti  i musei in Italia – è temporaneamente chiusa, ma se l’avete già visitata, saprete che si entrava, già in epoca pre-Covid, a numero contingentato e per un tempo limitato: dentro c’è lo spettacolo del cielo stellato, in oro e azzurro, ricreato da Giotto e lungo le pareti, i celeberrimi affreschi con le Storie della Vita della Vergine, le Storie della Vita di Gesù e il Giudizio Universale.  Il racconto giottesco della Cappella degli Scrovegni si svolge affresco dopo affresco, in senso orario ed elicoidale, dalla cacciata di Gioacchino dal Tempo al climax del Giudizio finale. Il bello, come sempre, sta nei dettagli.

Se la visita dal vivo (inutile ribadire quanto manchi: si attende ancora dal ministero dei Beni Culturali la data ufficiale di riapertura dei musei) regala un’emozione impareggiabile, è pur vero che la tecnologia permette di cogliere dettagli difficili da vedere sul momento, vuoi perché troppo distanti dal nostro punto di osservazione nella cappella (gli affreschi sono a 13 metri dal pavimento) vuoi perché non c’è mai il tempo sufficiente.

Grazie a una digitalizzazione in gigapixel realizzata da Haltadefinizione, è sufficiente un clic qui  per scopire il Giotto mai visto.  Si entra nella Cappella e ci si può muovere con il visore multimediale a 360° per cogliere inedite prospettive: cliccando poi sull’affresco che interessa si possono ingrandire decine di volte i dettagli, senza perderne la grana e la definizione. Il tutto, in maniera intuitiva.

Così, dopo il Louvre e la Cappella Sistina, anche il capolavoro di Giotto riceve un “trattamento” digitale capace di rendere pienamente omaggio al suo genio.

Felicemente persi nella navigazione, abbiamo annotato i nostri tre dettagli del cuore:

1. Il musino del cane e la sua zampina alzata, a voler richiamare l’attenzione di Gioacchino nell’affresco Gioacchino tra i pastori, dove per la prima volta nell’arte occidentale lo sguardo di un artista si rivolge non solo all’uomo ma anche al mondo animale e vegetale, come dimostrano i numerosi dettagli floreali.

2. La sensualità del bacio tra Anna e Gioacchino, nell’affresco Incontro alla Porta Aurea: l’intenso bacio tra Anna e Gioacchina, genitori di Maria, allude al concepimento dellaVergine. Colpisce la mano della donna, che affonda nei riccioli della barba di lui, e lo sguardo così complice della coppia.

3. Le lacrime (e le sopracciglia) delle madri: sono un dettaglio straordinario della Strage degli Innocenti. Giotto sceglie di cogliere la disperazione dei volti delle madri che si vedono rapire e poi uccidere i loro bambini, per il capriccioso volere di Erode.

martedì 31 gennaio 2017

L’Everest si sta restringendo? Una spedizione per scoprirlo.


Il terremoto che due anni fa ha devastato il Nepal, spostando la posizione della capitale di ben tre metri, avrebbe avuto degli effetti significativi anche sul Monte Everest.




Dopo le scosse in Nepal della primavera 2015, secondo i dati satellitari, alcune zone di Himalaya e Tibet sono calate di oltre un metro.
Tuttavia, l’Everest è ancora la montagna più alta del mondo. Ma la sua vetta si trova ancora a 8.848 metri d’altezza?
L’India ha annunciato una spedizione per verificare se – come sostengono i nepalesi – la cima del mondo si è abbassata di qualche centimetro dopo il doppio terremoto del 25 aprile e del 12 maggio 2015 (rispettivamente di magnitudo 7.8 e 7.3) che provocò più di 8 mila vittime.
L’ipotesi è suffragata dai dati registrati dai satelliti americani che alcuni giorni dopo le scosse misurarono un abbassamento dell’Himalaya centrale e di una fascia in Tibet di ben 120-150 centimetri, mentre l’area intorno a Kathmandu, la capitale del Nepal vicina alla zona dell’epicentro, si è alzata di un metro e mezzo.






L’area in cui si è scatenato il terribile sisma (7.8 di magnitudo) era considerata da tempo ad altissimo rischio. Il motivo era che da varie centinaia di anni la terra era immobile in un’area dove invece è in atto uno scontro geologico titanico.
Qui la placca indiana viaggiando verso nord alla velocità di cinque centimetri all’anno scivola sotto la placca euroasiatica sollevandola. Così è nata anche la catena dell’Himalaya.


Il Nepal si è alzato di un metro e mezzo, l’Himalaya centrale e una fascia in Tibet si sono abbassate di 120-150 centimetri. Sono i dati raccolti dai satelliti della Nasa nei giorni seguenti al terremoto di 7,8 gradi Richter del 25 aprile.
Dopo la scossa di 7,3 gradi di martedì 12 maggio il suolo si è invece sollevato di 70 centimetri nella zona a est di Kathmandu dove c’è stato l’epicentro.

Tutti i movimenti tettonici di questa zona sono la conseguenza della collisione dell’India contro il continente asiatico, scontro che è iniziato a partire da 47 milioni di anni fa e che determinò l’innalzamento della catena dell’Himalaya e dell’altopiano del Tibet.
Per verificare però la misura esatta degli spostamenti, occorre inviare – probabilmente in primavera quando si apre la stagione delle scalate – una missione scientifica sulla vetta dell’Everest.
Già alcuni anni fa c’era stata una controversia nel mondo scientifico sull’esatta misurazione del Chomolungma (come lo chiamano i tibetani) o Sagaramatha (come lo chiamano i nepalesi): non c’era unanimità tra i geografi se nella misurazione andasse compresa l’altezza del cappuccio di neve che sovrasta la cima, spessa alcuni metri e variabile di anno in anno. Alla fine si è stabilito di non tenere conto della copertura nevosa.
La spedizione indiana, composta da 3-4 tecnici con buone capacità alpinistiche, resterà in vetta per almeno due ore, sufficienti a effettuare misurazioni Gps con un margine di errore di un centimetro: ci vorranno almeno due settimane per ottenere poi un responso definitivo.
Per sicurezza, la spedizione compirà una misurazione anche con i vecchi sistemi di triangolazione ottica tramite il campo base.




lunedì 30 gennaio 2017

Elefantentreffen 2017


Ieri si è concluso l'Elefantreffen 2017.





Un raduno motociclistico tra Germania, Austria e Repubblica Ceca. Nei giorni della merla. 
I più freddi dell’anno. È l’Elefantentreffen (Raduno degli Elefanti), che si tiene tutti gli anni a Thurmansbang-Solla, nella Foresta di Loh.
La conca ghiacciata che ospita il raduno accoglie ogni anno migliaia di motociclisti da tutta Europa. Insieme a loro. sfilano moto di ogni categoria ed epoca, dai mitici sidecar militari Zündapp, gli “elefanti” che danno il nome al raduno, alle Vespa (un anno un gruppo di italiani arrivò con una cinquantina di motorini delle Poste).







detta di molti, l’Elefantentreffen è uno dei più impegnativi raduni motociclistici al mondo, sia per le condizioni climatiche estreme, sia perché l’organizzazione fa di tutto per evitare che i partecipanti se la cavino facilmente: tutte le vie d’accesso alla conca vengono chiuse, tranne una ripida discesa ghiacciata. Non accedono nemmeno gli spazzaneve e anche solo arrivare a parcheggiare vicino all’accesso diventa di per sé un’impresa. La prima del weekend elefantiaco.
All’ingresso, incluse nel prezzo del biglietto vengono fornite medagliette commemorative, che gli assidui collezionano di anno in anno, e una balla di fieno fondamentale, in caso ve lo chiedeste, per fare da pagliericcio e per montare la tenda. I rifornimenti, birra e salsicce, vengono trasportati in fondo alla conca nella benna di un trattore. L’unica concessione alla sicurezza dei partecipanti è un’ambulanza. Quad, ovviamente.
protagonisti dell’Elefantentreffen? Motociclisti vestiti di strane pellicce o, a scelta, completamente nudi, che scorrazzano a tutto gas tra il ghiaccio e in mezzo alle tende con grossi sidecar o moto costruite con pezzi di recupero. 









Di notte, i fuochi d’artificio artigianali fanno luce sul coro di marmitte e di motori in continua ebollizione. Qualcuno, accantonate le moto, ‘suona’ motori collegandoli soltanto al filo dell’acceleratore, per il semplice gusto di sentire un motore girare al massimo dei giri.




venerdì 30 dicembre 2016

Lago Maggiore in moto alla scoperta delle strade sinuose dai panorami incredibili di uno degli angoli più belli d'Italia.




Lago Maggiore in moto alla scoperta delle strade sinuose dai panorami incredibili di uno degli angoli più belli d'Italia. Il lago Maggiore è una grande distesa di acqua dal colore blu cobalto circondata dalle Alpi, considerata come una delle destinazioni turistiche più affascinanti d'Italia. Per i mototuristi lo è ancora di più, perché non solo possono gioire come normali turisti dei luoghi spettacolari che attraversano, ma, grazie alla libertà che offre la moto, seguire le tortuose strade che si arrampicano sulle montagne circostanti dove i panorami sul lago sono davvero mozzafiato. Come avrete intuito anche noi siamo andati ad esplorare tutti i dintorni di questo suggestivo territorio lacustre e, alla fine, abbiamo allestito quello che consideriamo il tour in moto più bello da percorrere alla scoperta del Lago Maggiore.



Il luogo di partenza è il casello autostradale di Sesto Calende della E62, facilmente raggiungibile da tutta Italia. Percorriamo poi la riva orientale del lago cercando di seguire le belle strade prospicienti il lago e arrivati a Laveno Mombello deviamo verso la montagna. Pochi chilometri ed eccoci alle Cascate di Cittiglio, una bellissima caduta d'acqua cristallina circondata da una natura selvaggia e incontaminata. Tra i boschi ntorno alla cascata sono state attrezzate delle aree per picnic molto carine. Proseguiamo poi in salita in direzione di Vararo ammirando, appena il bosco lascia uno squarcio libero delle viste suggestive sul lago.






Ritornati sulla riva proseguiamo in direzione della Svizzera, ma poco dopo Maccagro, ritorniamo sulle montagne percorrendo la strada che porta ai 1.395 m, di quota del passo dell'Alpe di Neggia. Prima di raggiungerlo deviamo a sinistra alla volta del lago Delio, un piccolo bacino dove le dighe realizzate per contenere maggiore acqua da impiegare per la produzione di elettricità formano una spettacolare balconata sul sottostante lago Maggiore.

Entrati in Svizzera raggiungiamo il punto più alto dell'Alpe di Neggia dove una stradina lunga 300/400 m. porta alla balconata del monte Gambaragno davvero mozzafiato su tutto il lago. Scendiamo poi alla volta di Locarno divertendoci tra i numerosi tornanti per poi, superata la bella cittadina elvetica, iniziare a percorrere la riva occidentale del lago Maggiore, la più affascinate.




Percorrendo la riva occidentale del lago Maggiore, costellata da bellissime ville otocentesche circondate da immensi parchi con magnifiche aiuole fiorite grazie al clima umido e mite, visitiamo CannobioVerbaniaBavenoStresa ai piedi del Mottarone in una stupenda posizione panoramica sulle isole Borromee chiamata anche la regina del lago. Da motociclisti doc non potevamo fare a meno di una deviazione alla vetta del Mottarone percorrendo la Borromea, una strada a pagamento poco curata, ma il costo e la fatica ad evitare buche è ripagata ampiamente dal grandioso panorama sulle Alpi e sui due laghi sottostanti: Maggiore ed Orta.

Completiamo questo tour del lago Maggiore visitando BelgirateLesaMeina ed Arona con il più grande porto del lago, prima di arrivare al casello della E62 di Castelletto Ticino.






La guerra segreta dell'Australia contro gli aborigeni


I corridoi del parlamento australiano sono così bianchi che ti fanno strizzare gli occhi. Il suono è sommesso; l’odore è di cera per pavimenti. I pavimenti in legno brillano così virtuosamente che riflettono le caricature dei primi ministri e file di dipinti aborigeni, appesi su pareti bianche, il loro sangue e le lacrime invisibili.






Il parlamento si trova a Barton, un sobborgo di Canberra dal nome del primo ministro dell’Australia, Edmund Barton, il quale ha redatto la White Australian policy (Politica dell’Australia bianca) nel 1901. “La dottrina dell’uguaglianza dell’uomo”, ha detto Barton, “non si è mai voluto applicarla” a coloro che non sono britannici e di pelle bianca. La preoccupazione di Barton riguardava il cinese, noto come il pericolo giallo; lui non aveva menzionato la più vecchia e durevole presenza sulla terra: i primi australiani. Essi non sono esistiti. La loro sofisticata cura della terra arida non è interessante. La loro resistenza epica non è mai accaduta. Di coloro che combatterono gli invasori britannici in Australia, il Sydney monitor afferma nel 1838: “E’ stato deciso di sterminare l’intera razza nera in quell’angolo”. Oggi, i sopravvissuti sono un vergognoso segreto nazionale.










La città di Wilcannia, nel Nuovo Galles del sud, si è distinta due volte. Ha vinto il premio come la miglior città ordinata e le sue popolazioni indigene hanno una delle più basse aspettative di vita mai registrate. Muoiono all’età di 35 anni. Il governo cubano gestisce un programma di alfabetizzazione per loro e per i poveri dell’Africa. Secondo la Credit Suisse Global Wealth report, l’Australia è il paese più ricco della terra. I politici a Canberra sono tra i cittadini più benestanti. La loro auto-investitura è leggendaria. L’anno scorso, l’allora ministro per gli affari indigeni, Jenny Macklin, rinnovò il suo incarico con un costo per il contribuente di 331.144 dollari. Macklin ha recentemente affermato che nel governo ha fatto una “grande differenza”. Questo è vero. Durante il suo mandato, il numero di aborigeni che vivono nelle baraccopoli è aumentato di quasi un terzo e più della metà dei soldi spesi per l’edilizia abitativa indigena è stata intascata dagli appaltatori bianchi, una burocrazia per la quale è stata fondamentalmente responsabile. Una tipica casa pericolante nella comunità indigena dell’outback (entroterra) deve ospitare fino a 25 persone. Le famiglie, gli anziani e i disabili aspettano da anni perché i servizi igenico-sanitari funzionino. 





Nel 2009 il professor James Anaya, il rispettato portavoce delle Nazioni Unite sui diritti degli aborigeni, descrive come razzista lo “stato di emergenza” che ha privato le comunità aborigene dei loro tenui diritti e servizi con il pretesto che le gang di pedofili sono presenti in numeri “inconcepibili”,  un’affermazione respinta come falsa dalla polizia e dalla Commissione sul crimine australiano. Il portavoce dell’opposizione sugli affari indigeni, Tony Abbott, ha detto ad Ananya di “farsi una vita” e “di non ascoltare solo la brigata vecchia e vittimista.” Abbott è ora il primo ministro dell’Australia. Ho guidato nel cuore rosso dell’Australia centrale ed ho chiesto alla dottoressa Janelle Trees della “brigata vecchia e vittimista”. Un medico di famiglia, i cui pazienti indigeni vivono a pochi chilometri dai mille dollari per notte resort servendo Uluru (Ayers Rock), ha detto, “C’è amianto nelle case degli aborigeni, e quando a qualcuno viene trovata una fibra di amianto nei polmoni e si sviluppa il mesotelioma, [al governo] non interessa”. Quando i bambini hanno infezioni croniche e finiscono ad aggiungersi a queste statistiche incredibili di persone indigene morte per malattie renali e record mondiali sulla vulnerabilità per malattie cardiache reumatiche, non si fa nulla. Mi chiedo: perché no?



La malnutrizione è comune. Ho voluto dare ad un paziente un anti-infiammatorio per un’infezione che sarebbe stata evitata se le condizioni di vita fossero state migliori, ma non potevo farle il trattamento perché non aveva abbastanza cibo da mangiare e non poteva ingerire le compresse. A volte mi sento come se avessi a che fare con condizioni simili a quelle della classe operaia inglese all’inizio della rivoluzione industriale.
A Canberra, negli uffici ministeriali dove mostrano ancor più l’arte della prima-nazione, mi è stato detto più volte come sono stati “orgogliosi” per “quanto fatto per gli indigeni australiani”. Quando ho chiesto a Warren Snowdon, il ministro della sanità degli aborigeni nel partito Laburista recentemente rimpiazzato dalla coalizione conservatrice di Abbott, il perché dopo quasi un quarto di secolo, nel quale ha rappresentato i più poveri e i più ammalati australiani, non sia ancora arrivato ad una soluzione, ha risposto, “Che domanda stupida. Che domanda puerile”.
Al termine della parata ANZAC a Canberra sorge l’Australian National War Memorial, che lo storico Henry Reynolds chiama “il centro sacro del nazionalismo bianco”. Mi è stato vietato di filmare in questo grande luogo pubblico. Avevo commesso l’errore di esprimere un interesse per le guerre di frontiera nelle quali gli australiani neri hanno combattuto l’invasione Britannica senza armi ma con ingegno e coraggio,  l’epitome della “tradizione ANZAC”.
Eppure, in un paese disseminato di cenotafi, nessuna commemorazione ufficiale per quei caduti resistiti “ad una delle più grandi appropriazioni di terra nella storia del mondo”, ha scritto Reynolds nel suo libro più famoso la Guerra Dimenticata. Altri primi australiani furono uccisi come i nativi americani sulla frontiera americana e i maori in Nuova Zelanda.



Nel 2000 sono stato a Sydney durante le Olimpiadi e mi ha stupito il fatto che ogni campagna pubblicitaria turistica ci fosse sempre un'immagine di un aborigeno e che la medaglia d'oro dei 400 metri Cathy Freeman (aborigena) sia stata festeggiata dai suoi concittadini solo fino alla premiazione. 
Ma è inutile fare qualsiasi ragionamento, come spesso mi succede, quando l'argomento mi fa incazzare e anche tanto.